Le ricerche archeologiche in Valpolicella iniziarono negli ultimi decenni del 1800. Nel 1876 la prima “Esposizione Preistorica Veronese” diede l’avvio ad una campagna di scavi nella zona di Molina e Breonio.
Gli scavi e ricerche continuarono durante i primi decenni del ‘900 e proseguirono fra il 1930 e il 1936 nei territori di Marano e S.Anna d’Alfaedo.
Dopo la fine della seconda guerra mondiale Francesco Zorzi, con la collaborazione di Angelo Pasa, condusse una nuova serie di ricerche e sondaggi archeologici (es. 1961-1963 scavo parziale dell’abitato dell’età del Bronzo delle Guaite). I numerosi reperti che ne derivarono furono esposti nel primo allestimento del Museo di S.Anna d’Alfaedo, mentre fra il 1960 e il 1970 Giovanni Solinas operò ampie ricognizioni fra Breonio e la Valle dei Progni, segnalando l’importante sito oggi denominato Grotta di Fumane, dove nel 1964 furono fatti i primi saggi stratigrafici sotto la guida di Franco Mezzena del Museo Civico di Storia Naturale di Verona. Nel 1965 e nel 1974 l’Istituto di Geologia dell’Università di Ferrara riprese i sondaggi nella “Grotta A” al Ponte di Veja e, dai primi anni ’80, nella Grotta di Fumane, dove tuttora proseguono campagne di scavo sistematico.
Molti siti furono letteralmente rasi al suolo da vandali, cavatori, lottizzatori. Inoltre gran parte delle scoperte fatte nella seconda metà del XX secolo è dovuta ad occasionali segnalazioni fatte da uno sparuto numero di appassionati di paletnologia.
1 - Lo scenario cronologico-culturale
1.1 – Il Paleolitico inferiore
Sia a Monte Noroni (Marano) che negli arsi (fessurazioni carsiche della roccia, aperte dalle cave) di Monte Loffa, ma anche in depositi argillosi vicini alla contrada Barozze (S.Anna d’Alfaedo) si sono rinvenuti manufatti in selce di forma molto arcaica, ascrivibili tipologicamente, in senso lato, alle più antiche industrie litiche note nell’Italia settentrionale (es. quelle del sito forlivese di Monte Poggiolo, riferibile a circa 900.000 anni fa). Pur mancando di precisi riferimenti stratigrafici questi manufatti (anche in base alla profonda alterazione delle loro superfici) si possono far risalire a non meno di 300-500 mila anni fa.
Prendendo come riferimento alcuni importanti siti europei (es. Atapuerca in Spagna e Boxgrove in Gran Bretagna) possiamo attribuire dette tracce a Homo heidelbergensis (1) o forse anche ad un più antico ominino, Homo antecessor (2).
Mancano, ad oggi, tracce di frequentazioni paleolitiche riferibili alla facies culturale detta Acheuleano, presente peraltro ad ovest della Valpolicella (es. Quinzano, Lughezzano e Cà Palui).
1.2 - Il Paleolitico medio
Ben più abbondanti sono i rinvenimenti relativi al Paleolitico Medio, fase di evoluzione culturale oggi stimata fra 300.000 e 40.000 anni fa. A partire da circa 130.000 anni fa i manufatti di questa cultura furono prodotti da popolazioni di Homo neanderthalensis (3), i cosiddetti “europei senza se e senza ma” (G.Barbujanni, 2008, Bompiani Editore) che furono progressivamente sostituiti (entro 30.000 anni fa circa) da popolazioni di Homo sapiens, migrate dal continente africano a partire da 90-70.000 anni fa circa.
Studi recenti basati sull’analisi del DNA fossile indicano che durante l’espansione nei territori eurasiatici alcuni Homo sapiens si siano anche ibridati con gruppi di neanderthaliani, come sembra dimostrato dalla presenza di un 2-3% di DNA neanderthaliano in quello di un campione di Homo sapiens attuali. Tale traccia paleo-genetica risulta, però, assente dal DNA delle popolazioni africane attuali, (4) suggerendo che episodi di ibridazione siano avvenuti fra 90.000 e 50.000 anni fa circa, dunque ben prima che i cacciatori sapiens raggiungessero i territori europei , cioè almeno 40.000 anni fa.
Alcuni resti umani fossili rinvenuti in Israele suggeriscono che quelle prime ibridazioni siano avvenute in Medio Oriente. Nella stratigrafia della Grotta di Fumane sono documentati manufatti litici e tracce di frequentazione stagionale riferibili a gruppi neanderthaliani fra 80.000 e 45.000 anni fa circa, periodo corrispondente quasi all’intera durata dell’ultima glaciazione, detta in ambito alpino Würm.
1.3 – Il Paleolitico superiore e il Mesolitico
Meno frequenti, probabilmente per avverse condizioni paleoclimatiche, i ritrovamenti in Valpolicella di siti riferibili al Paleolitico Superiore (da 40.000 a 10.000 anni fa circa) (5), con l’importante eccezione della Grotta di Fumane, dove sono ricorrenti le tracce di frequentazione stagionale da parte di gruppi di cacciatori anche nella successiva fase culturale aurignaziana (6) sviluppatasi nei territori euro-mediterranei fra 45.000 e 30.000 anni fa circa (BROGLIO, 2011): sono la più antica presenza di Homo sapiens anatomicamente moderni, cioè della nostra specie attuale.
Non si conoscono, invece, in Valpolicella tracce delle successive facies culturali, dette Gravettiano ed Epigravettiano; quest’ultima è però ben documentata in Valpantena (al Riparo Tagliente) e in quota (a S.Giorgio di Boscochiesanuova).
Praticamente assenti sono, finora, anche le tracce di popolamento mesolitico (9.000-6.000 anni fa circa) (7), cioè delle ultime comunità che hanno vissuto di sola caccia e raccolta, ben documentate invece sui versanti trentini della Val d’Adige.
1.4 – Il Neolitico
Con il termine Neolitico (o meglio con l’espressione “processo di neolitizzazione”) (8) si intende un complesso fenomeno di acquisizione di tecniche di domesticazione ed allevamento di animali (es. da carne e/o uova, da latte o per traino-trasporto) e coltivazione (cerealicola, orticola e di piante da frutto) avviato in diverse parti del mondo. Per quanto riguarda i territori euro-mediterranei tale processo si avviò in Medio Oriente (fra 12.000 e 10.000), a partire dalla domesticazione di singole specie animali (es. ovini, da 10.500 anni fa circa)(9) e vegetali (es. il fico già da 11.700 anni fa circa)(10). Tale processo, avviatosi all’inizio dell’Olocene (11) su specie allora abbondanti in quel contesto ambientale e climatico, innescò una diffusa sedentarizzazione e significative crescite demografiche che però finirono per scontrarsi con la limitatezza delle risorse ambientali e con gli effetti di oscillazioni climatiche calde che favorirono processi di desertificazione, come ad esempio nell’area subsahariana e nel bacino del Nilo.
L’insieme di questi fattori favorì sia lo sviluppo della pastorizia ovicaprina (praticata su terreni marginali) sia la migrazione di comunità cerealicole lungo assi fluviali (es. il Danubio), ma anche per via mare (es. siti neolitici a Cipro, fra il IX e il VII millennio a.C.)(12) e (13). Durante le prime fasi, le comunità neolitiche erano ancora prive di vasellame ceramico, ma erano spesso connesse a reti di scambio medio-distanti per approvvigionarsi di quelle materie prime cui aveva avuto accesso il nomadismo dei cacciatori-raccoglitori, ma di cui erano carenti le comunità sedentarizzate, che si insediavano (più o meno a lungo) su terreni perifluviali limosi, fertili e facilmente coltivabili. La selce (14) e l’ossidiana (vetro vulcanico) (15) furono “commerciate” in forme sempre più “artigianali”, dando vita progressivamente sia a centri estrattivo-produttivi di manufatti sia a snodi distributivi di prodotti finiti (lame e nuclei preparati per produrne).
Anche nell’Italia settentrionale i flussi di neolitizzazione viaggiarono lungo assi fluviali (es. l’Adige e il Mincio come raccordo al Po) o lungo piste vallive pedemontane. In Valpolicella furono probabilmente importanti gli influssi del Neolitico atesino, anche se i siti neolitici antico-medio finora individuati sono davvero pochi e posizionati alla sua estremità orientale, a Quinzano lungo la riva sinistra dell’Adige antico.
Delle comunità neolitiche dedite alla produzione seriale di lame e relativi nuclei non si conosce traccia (scavi edilizi e stradali nella valle di Negrar e nei suoi versanti in alta Valpolicella andrebbero sistematicamente monitorati in quanto area potenziale per questi siti) ma la scoperta del sito di Campagne di Lugo in Valpantena (datato fra la fine del VI e gli inizi del V millennio a.C.) (16) suggerisce che ve ne possano essere altri anche in Valpolicella.
1.5 – L’età del Rame
Con questo termine (17) si è soliti definire la fase d’evoluzione tecno-culturale (naturalmente articolata per “invenzioni”, diffusione e specifiche convenienze territoriali di adozione della metallurgia e/o dei suoi prodotti) avvenuta fra il V e il IV millennio a.C. e che per diversa reperibilità delle materie prime (es. la malachite) e per complessità della produzione dei manufatti metallici (prospezione mineraria, estrazione, fusione e forgiatura dei manufatti) innescò specialismi “artigianali” che per oltre 2000 convissero in competizione ai precedenti manufatti in pietra (es. le lame di pugnale).
Forse in seguito a crescenti contrasti etno-tribali, probabilmente connessi al possesso di singoli territori e delle loro risorse naturali, fra il Neolitico medio e l’età del Rame gli abitati si spostarono progressivamente su alture naturalmente difese (da 2 o 3 versanti scoscesi , integrati da fossati e/o palizzate sul lato più accessibile) (18). Ne sono buoni esempi, in Valpolicella occidentale, i siti di Rocca di Rivoli e di Passo del Piccon entrambi posti a “controllo” della valle dell’Adige nel tratto in cui si apre all’alta pianura veronese.
Dunque, l’età del Rame come fase socio-tecnologica in cui si andavano rapidamente trasformando sistemi produttivi, reti di scambio e le prime stratificazioni sociali, suggerite da corredi funerari “di pregio” (es. lame-pugnale di selce e di rame, oltre ad asce di rame). In queste trasformazioni emergono anche tracce di scontri armati, come la fossa comune di Talheim (Germania) (19), datata al 2.500 a.C. circa e che conteneva i resti di 34 individui uccisi, o la cosiddetta “mummia del Similaun” (datata al 3.300-3200 a.C. circa) (20): questo ormai noto personaggio, rinvenuto ad oltre 3000 metri di quota ed il cui corredo comprendeva un “pugnale” con lama in selce e un’accetta con lama in rame(21), venne ucciso da una freccia tuttora profondamente impiantata nella sua spalla sinistra.
1.6 – Età del Bronzo
Fase socio-tecnologica che in Italia settentrionale viene datata fra il 2300 e il 1200 a.C. circa, ma che nel Vicino Oriente si affermò circa un millennio prima. Nell’Egeo lingotti metallici (es. rame ma anche il più raro e prezioso stagno, necessario a produrre la lega di bronzo) erano commerciati via mare, come lingotti fusi in forma di “pelle di bue” (22) pesanti da 20 a 29 kg., come quelli trovati nel relitto turco di Uluburun, datato a 3300 anni fa circa.
Nell’area morenica gardesana l’età del Bronzo è caratterizzata da un numero elevato di abitati palafitticoli (23), villaggi che si articolavano in costruzioni lignee a sostegno palificato insediate in prossimità di bacini lacustri, una modalità insediativa presente in area perialpina già dal V-IV millennio a.C. Fino alla media età del Bronzo (1500 a.C. circa) la produzione “artigianale”, lessinica e baldense, di alcuni tipi di manufatti in selce (es. elementi di falcetto e punte di freccia) continuò, per poi cessare sotto la pressione (tarda età del Bronzo, 1.100 a.C. circa) della crescente convenienza a produrre e scambiare equivalenti manufatti in Bronzo. L’asse fluvio-lacustre costituito dal Sarca-Garda-Mincio fungeva (assieme a quello atesino) da veicolo distributivo dei manufatti bronzei prodotti con il rame trentino (24).
Mentre il fenomeno palafitticolo gardesano-trentino è molto noto, assai meno lo sono i coevi abitati su altura sorti lungo le dorsali della Lessinia, detti un tempo castellieri sia per la loro posizione naturalmente difesa, ma talvolta cintati da mura più o meno spesse con quello delle Guaite (S.Anna d’Alfaedo), eretto nell’età del Bronzo medio-tarda a controllo di un’importante pista di dorsale, un tipo di tracciato usato in età medievale per la transumanza ovicaprina, attività pastorale già documentata nel vicino Trentino proprio nell’età del Bronzo, come nel sito di Dosso Rotondo a Storo (quota 1850 metri slm) (sito del 1700-1600 a.C. circa)(25) dove 3700 anni fa circa venne eretto un edificio adibito all’alpeggio.
1.7 – Dall’età del Ferro alla romanizzazione
La fase tecno-culturale denominata età del Ferro si fa convenzionalmente iniziare, per il territorio veneto, nel IX-VIII secolo a.C. circa. Essa è testimoniata da numerosissimi ritrovamenti soprattutto tra il V secolo e la romanizzazione scandita dalla costruzione della strada consolare da Genova ad Aquileia (strada militare fatta costruire nel 148 a.C. dal console romano Postumio Albino nei territori della Gallia Cisalpina, nome allora dato all'odierna pianura padana). La Valpolicella entrò nella sfera d’influenza romana già alla fine del III secolo a.C., anche se la romanizzazione si completò nel I secolo a.C. per l’area pedemontana.
In realtà i Veneti erano già alleati dei Romani almeno dal 225 a.C., quando un loro forte contingente aiutò l’esercito romano a fronteggiare una coalizione celtica che minacciava Roma. Durante l’età del Ferro i villaggi fortificati su altura si svilupparono anche come snodi d’itinerari sia pedemontani che di dorsale, ricalcando spesso i siti dei precedenti “castellieri”, sviluppatisi dal V secolo a.C. (seconda età del Ferro) e che declinarono complessivamente nel I secolo a.C.
In quel periodo il territorio veronese, in quanto incontro di piste anche fluviali, sembra aver avuto un ruolo di cerniera etnica: Plinio il vecchio (lo storico romano che perì nell’eruzione del Vesuvio del 79 d.C.) definiva “Rhœtorum et Euganeorum Verona », cioè centro fondato dai Reti e dagli Euganei (26).
Tale definizione, data quando ormai il territorio veronese era pienamente romanizzato, ricorda verosimilmente i gruppi etnici che abitavano l’area già prima del II secolo a.C., sebbene si stimi che gli “euganei” fossero gli abitanti dell’attuale Veneto prima dell’arrivo dei Veneti antichi (XII-IX secolo a.C. circa) e che da questi fossero stati spinti nei territori compresi fra il corso dell’Adige e il Lago di Como (27).
Secondo alcuni storici romani, i Reti (28) erano invece comunità nord-etrusche ritiratesi fra le montagne trentino-lombarde a seguito della discesa (400 a.C. circa) dei Galli Cenomani (29) a sud delle Alpi. Quale che fosse la composizione etnica presente a Verona e in Valpolicella (gli Arusnati) (30), pare verosimile sintetizzare che una rete di villaggi su altura prospicenti al corso dell’Adige controllasse i guadi (come a Verona, sul colle di Castel S.Pietro) e le piste connesse, agendo quindi da snodi per gli scambi fra le economie pastorali della montagna, quelle cerealicole della pianura e i flussi mercantili che si erano sviluppati lungo il corso dell’Adige.
Durante il processo di romanizzazione le comunità locali continuarono i loro culti autoctoni (praticati già nel V e IV secolo a.C.), come suggerito dalle offerte rituali (stipe votiva della località Cristo di S.Giorgio Ingannapoltron) trovate associate a resti di roghi, una modalità ben diffusa in tutta la valle dell’Adige.
Pare che la dedica a Minerva del santuario eretto sopra a Marano sia solo una latinizzazione di una divinità degli Arusnati. La romanizzazione della pedemontana veronese si completò con la rifondazione di Verona entro l’ansa dell’Adige, a partire dalla metà del I secolo a.C., quando importanti centri proto-urbani collinari (come quello scoperto sulle pendi ci meridionali del colle che ospita il Castello di Montorio) furono abbandonati forse per confluire nella Verona urbanizzata.
Note
(1) (http://it.wikipedia.org/wiki/Homo_heidelbergensis
(2) http://it.wikipedia.org/wiki/Homo_antecessor
(3) http://it.wikipedia.org/wiki/Homo_neanderthalensis
(4) http://www.lescienze.it/news/2011/09/06/news/molto_sapiens_un_po_di_neanderthal_e_altro_ancora-550846/
(5) http://it.wikipedia.org/wiki/Paleolitico_superiore
(6) http://it.wikipedia.org/wiki/Aurignaziano
(7) http://it.wikipedia.org/wiki/Mesolitico
(8) http://it.wikipedia.org/wiki/Neolitico
(9) http://archaeology.about.com/od/shthroughsiterms/qt/Sheep-History.htm
(10) http://archaeology.about.com/od/domestications/a/fig_trees.htm
(11) http://it.wikipedia.org/wiki/Olocene
(12) http://it.wikipedia.org/wiki/Choirokoitia
(13) http://en.wikipedia.org/wiki/Shillourokambos
(14) http://it.wikipedia.org/wiki/Selce
(15) http://it.wikipedia.org/wiki/Ossidiana
(16) http://unitn.academia.edu/fabiocavulli/Papers/412263/F._Cavulli_A._Pedrotti_2003_-_Linsediamento_del_Neolitico_antico_di_Lugo_di_Grezzana_la_palizzata_lignea._Preistoria_Alpina_37_2001_11-24
(17) http://it.wikipedia.org/wiki/Et%C3%A0_del_rame
(18) http://fr.wikipedia.org/wiki/%C3%89peron_barr%C3%A9
(19) http://it.wikipedia.org/wiki/Guerra_preistorica
(20) http://it.wikipedia.org/wiki/Mummia_del_Similaun
(21) http://it.wikipedia.org/wiki/Rame
(22) http://en.wikipedia.org/wiki/Oxhide_ingot#Uluburun_shipwreck
(23) http://it.wikipedia.org/wiki/Palafitta
(24) http://www.discoveryalps.it/5165,News.html
(25) http://www.comune.storo.tn.it/files/documenti/Doredont.pdf +
http://www.uffstampa.provincia.tn.it/CSW/c_stampa.nsf/416AD28B715DF727C12574BE0028F2B0/652554DDAC66D8A7C12578F7003AA453 (26) http://www.archive.org/stream/gographieancie02walc/gographieancie02walc_djvu.txt
(27) http://it.wikipedia.org/wiki/Euganei
(28) http://it.wikipedia.org/wiki/Reti
(29) http://it.wikipedia.org/wiki/Cenomani
(30) http://it.wikipedia.org/wiki/Arusnati
Bibliografia essenziale recente
- AA.VV., 2002: Preistoria veronese. Contributi e aggiornamenti, a cura di Alessandra Aspes, Memorie del Museo Civico di Storia Naturale di Verona (II° serie), Sezione Scienze dell’uomo, n.5.
- BARBUJANNI G., 2008: Europei senza se e senza ma. Storie di Neandertaliani e di immigrati, Bompiani Editore.
- BROGLIO A., 2011: La decorazione pittorica della Grotta di Fumane, in “Annuario Storico della Valpolicella”, Centro Documentazione per la Storia della Valpolicella, 2010-2011, pp. 11-32, Fumane.
- CORDIOLI S., 2011: Il paesaggio antropico della Valpolicella romana, in “Annuario Storico della Valpolicella”, Centro Documentazione per la Storia della Valpolicella, 2010-2011, pp. 33-48, Fumane.
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