RITI E ORIENTAMENTI ASTRONOMICI, FRA PREISTORIA E CULTI CRISTIANIZZATI

Ritmi temporali, calendari, Prèa fita, Pilotòn, riti solstiziali.
di Giorgio Chelidonio, 28 marzo 2010
 

E’ assai probabile che già le comunità nomadi dei cacciatori-raccoglitori tardo-preistorici avessero acquisito abitudini di osservare il corso del sole durante le sue evoluzioni stagionali. A partire da 10.000 anni fa circa con la progressiva sedentarizzazione e le nuove economie agricole e pastorali, l’osservazione del ciclo solare assunse significati calendariali, ad esempio per la semina o per scandire il tempo della transumanza fra pascoli invernali ed alpeggi estivi. Tale tradizione fu presto codificata in forma di miti, che implicavano anche rituali per scongiurare l’eventualità che il ciclo solare non si ripetesse, come nel caso delle eclissi o in occasione di eruzioni vulcaniche sufficientemente grandi da alterare per uno o più anni il clima anche su scala globale, come avvenne nel 1816 ricordato come “l’anno senza estate”: le polveri immesse nell’atomosfera dall’eruzione del vulcano indonesiano Tambora innescarono diffuse gelate e nevicate tardo-primaverili/estive sia nell’Europa centrosettentrionale che nel nord America (1). Già almeno dal VI millennio a.C. si hanno prove archeologiche che queste tradizioni solari-calendariali furono tradotte in punti di osservazione da cui le comunità misuravano il ciclo solare nel suo muoversi apparente lungo l’orizzonte: è il caso del sito di Nabta Playa situato nel deserto egiziano della Nubia, area allora abitabile perché maggiormente piovosa fra 12.000 e 8.000 anni fa circa (2). In questo sito è tuttora conservato il più antico cerchio di pietre e monoliti eretti (fra 8400 e 6900 anni fa circa) in modo da traguardare sia la levata del sole all’orizzonte nei giorni del solstizio d’estate, sia quella della costellazione di Orione al solstizio d’inverno. Con l’affermarsi nei territori europei del megalitismo, fra il V e il II millennio a.C. si moltiplicarono le strutture rituali in cui i riti calendariali veniva celebrati: sono famosi i casi di Stonehenge (3) in Inghilterra e di Newgrange (4) in Irlanda, il primo costruito (dapprima come cerchio di pali lignei) fra 5.000 e 4.000 anni fa circa, il secondo eretto come grande tumulo fra 5.100 e 4.900 anni fa. Mentre per il primo si è dedotto un allineamento (passante per la cosiddetta heel stone) con la levata del sole nei giorni del solstizio d’estate, per il secondo il corridoio che porta alle piccole camere rituali interne è stato costruito in modo che la luce del sole vi possa entrare nei giorni del solstizio d’inverno. Ma i siti dedicati all’osservazione calendariale solare non erano solo quelli megalitici: lo suggerisce in rinvenimento del cosiddetto “disco di Nebra”(5) trovato in un deposito votivo del monte Mittelberg in Sassonia(D). Si tratta di una lastra circolare in lamina di bronzo, databile fra 4.100 e 3.700 anni fa circa, con inserti in lamina d’oro che sono stati interpretati come costellazioni (le Pleiadi?) e una striscia a forma di semiluna che, posta sul bordo del l disco, serviva a misurare, sull’orizzonte locale, i punti di levata ( a nord-est) e tramonto (a nord-ovest) del sole nei solstizi d’estate e d’inverno.

La préa fita o pilotòn, fra Montorio e Verona
L’allineamento che unisce su una distanza di oltre 5 km. la “berlina” di Piazza Erbe, la chiesa di S.Giovanni in Valle e la colonna marmorea detta préa fita (nome medioevale per pietra infissa) torna, ogni anno, a riproporsi astronomicamente all’alba del 24 giugno: il sole sorgerà da oriente (Montorio è l’antico mons orior cioè il monte - da cui - sorge ?) in asse con i due consunti segni di croce incisi ormai da secoli sui lati della prèa fita. L’età e le ragioni di questa coincidenza che da oltre 50 anni appassiona i cultori dell’archeologia veronese non sono ancora state accertate: infatti, questa “colonna”, eretta all’incrocio di vecchie strade, rientra, per forma, nella categoria dei manufatti antichi che comprende i menhir celtici, i termini latini (cippi di confine dedicati al dio Terminus) ma anche i bétili, nome derivato dal semitico bait-el (cioè “casa del dio”, come il
Beith-el di Giacobbe) ma poi trascritto dai greci in baitylos (“pietra caduta dal cielo”) e in baetylia dai latini. Stando alle conclusioni recentemente pubblicate dal prof. Gaspani (6) questo allineamento va da 55° nord-est a 235° sud-ovest, equivalenti rispettivamente al punto di levata del sole sull’orizzonte naturale locale nei giorni del solstizio d’estate e a quello di tramonto solare al solstizio d’inverno. Più precisamente nei punti di levata e tramonto com’erano nell’età del Ferro, cioè al tempo del primi abitati proto-urbani veronesi sul colle di S.Pietro ealle pendici meridionali della dorsale dove 2.000 anni dopo sorse il castello di Montorio. Quali che possano risultare, da future ricerche, le evidenze archeologiche urbane di questo allineamento esso sembra suggerire:
- un qualche ruolo di traguardazione archeo-astronomica fra questo punto della dorsale di Montorio
e l’umbilicus che i riti di fondazione urbana ponevano all’incrocio fra il cardo e il decumano, cioè
nel foro, area che oggi corrisponde a Piazza Erbe;
- che i romani, rifondando Verona entro l’ansa del fiume, abbiano in qualche misura rispettato
precedenti allineamenti sacrali dell’originario “oppidum dei Reti e degli Euganei” (7), del resto
loro alleati già dal III secolo a.C.
Questa interpretazione del reticolo urbano di Verona, difforme dal classico incrocio nord/sud ed est-ovest praticato dai gromatici (i tecnici delle fondazioni urbane romane), coincide anche con la ripartizione sacrale del cielo praticata dai sacerdoti etruschi, la cui influenza culturale sui Reti ( e quindi sugli abitanti della Verona preromana) è ben nota. Quanto alla concentrazione di tracce tardo-preistoriche sulla dorsale della préa fita basta citare: il Monte Tesoro e il Monte Pipaldolo abitati dell’età del Bronzo, il sito di Praelle di Novaglie (età del Rame) e il centro proto urbano (V-II secolo a.C.) individuato a sud del Castello di Montorio.

La ri-sacralizzazione cristiana dei riti solstiziali
Le incisioni cruciformi visibili sui lati N/E e S/W della préa fita evocano evidentemente una rustica cristianizzazione del monolito, effettuata non prima del IV secolo d.C. quando l’opera del vescovo Zeno si estese agli abitati dei “pagani”, cioè ai contadini che risiedevano nei pagus esterni alle mura urbane di Verona. Già nel concilio tenutosi ad Agde (Provenza) nel 506 d.C. la natività di S.Giovanni Battista era citata fra le grandi festività del calendario cristiano. Inoltre, sappiamo che il calcolo secondo cui la data di nascita del Battista, celebrata dai cattolici e dagli ortodossi, deriva dall’annotazione evangelica (Luca 1:26 e 1:36) che Gesù sia nato 6 mesi dopo Giovanni. Siccome risulta che a Roma i cristiani già nel 204 d.C. festeggiassero il Natale il 25 dicembre (7) , pare probabile che la sovrapposizione “solstizio-S.Giovanni Battista” sia avvenuta fra il IV e il V secolo d.C. In sintesi, la nascita di S.Giovanni Battista è stata celebrata in quanto precursore del Cristo (“Bisogna che Egli cresca e che io decada”- Giovanni, 3:30). I simboli dei riti solstiziali estivi, il fuoco e l’acqua, sono indicati dal Santo stesso “Io vi battezzo nell’acqua, ma viene Colui che è più forte di me…Lui vi battezzerà nello Spirito Santo e nel fuoco” (Luca, 3:16). Dunque i tradizionali “fuochi di S.Giovanni” e riti della rugiada e delle fonti che, fino a un paio di generazioni fa, nella notte fra il 23 e il 24 giugno si celebravano a Verona (dal 1405 con una speciale processione perché coincideva con la data della sottomissione alla Repubblica Veneta) come in tutta Europa affondano le loro radici nei riti astronomici degli agricoltori preistorici europei. Nella “notte più corta dell’anno”, quella di S.Giovanni cioè la stessa narrata da Shakespeare come “la notte di mezza estate”, si attendeva il sorgere del sole tenendo accesi grandi fuochi (detti appunto “fuochi di S.Giovanni”) e raccogliendo, prima dell’alba, la rugiada e le erbe terapeutiche (malva, camomilla, iperico, erba catiorà, etc.). Con la stessa rugiada ci si lavavano gli occhi per preservarli tutto l’anno dalle malattie; inoltre si facevano passare animali domestici attraverso il fumo dei falò per proteggerli dal malocchio o da altre malattie.
 

Siti e testi consultati
(1) http://it.wikipedia.org/wiki/Anno_senza_estate
(2) http://it.wikipedia.org/wiki/Nubia
(3) http://it.wikipedia.org/wiki/Stonehenge
(4) http://it.wikipedia.org/wiki/Newgrange
(5) http://it.wikipedia.org/wiki/Disco_di_Nebra
(6) GASPANI A., 2009: Verona. Origini storiche e astronomiche, Edizioni Vita Nova, Verona.
(7) http://www.verona.com/it/guida-verona/verona-preistorica/
(8) http://it.wikipedia.org/wiki/Natale
 

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